sabato 26 dicembre 2015

Odi et Amo: Empedocle










La dottrina di Empedocle è una delle pietre miliari dell'evoluzione del pensiero occidentale. Quando parlo di evoluzione non intendo un processo teleologico, un tragitto che va dal peggiore al migliore, ma una storia di adattamenti a diversi ambienti, di territorializzazioni e deterritorializzazioni, necessariamente estranee a ogni antropocentrismo. Sebbene la  storia della filosofia sembri elencare una lunga serie di cause ed effetti orientati a un progresso continuo tale visione unitaria non può che essere un illusione ottica: ben pochi pensatori sono stati in grado di adattarsi a un ambiente ferocemente ostile come i sophoi presocratici; pochissimi tuttavia hanno saputo lasciare tracce così profonde nel patrimonio culturale dell'occidente come Empedocle: fervente religioso, scienziato, uomo politico, sapiente e occultista; le radici dell'intero sviluppo continentale sembrano affondare nella figura del filosofo di Agrigento.

A differenza di Platone Empedocle conserva una sorta di immanenza, di attaccamento alla terra, ponendo le cause dell'universo all'interno di sé stesso: Amore e Odio, movimento centripeto e movimento centrifugo, complicazione e semplificazione, sono per Empedocle le forze che danno origine ai cicli cosmici del mondo. I quattro elementi fondamentali identificati dai suoi predecessori vengono resi da Empedocle sostanze semplici, eterne, immutabili e incorruttibili come l'Essere parmenideo: l'arché, il fondamento dell'universo, sarebbe la loro stessa unione in uno "Sfero", un'uno-tutto governato da Amore, un nulla dominato da una gioiosa quiete estatica. Giunto l'attimo di massima aggregazione e massima densità Odio infrange la pienezza dello sfero, in Odio le quattro radici elementali vengono gradualmente separate, raffinate e semplificate, fino a giungere al punto in cui esse sono perfettamente isolate l'una dalle altre. All'apice di questo processo (che oserei definire alchemico) l'universo è pronto per essere riaggregato da Amore: ogni cosa viene rimescolata ed è costretta a ripercorrere la propria storia inversamente per tornare infine al nulla relativo della pienezza di Amore, a quell'Essere perfetto e immobile che fu ipotizzato da Parmenide.
  La figura dell'inesauribile confilitto tra Amore e Odio, la rivelazione di una lacerazione in seno all'Essere, è invece il tributo che Empedocle offre a Eraclito, un esplicito rimando al sapiente che per primo riconobbe il ruolo capitale che la guerra riveste nel gioco cosmico: se Eraclito è il filosofo che piange Empedocle è colui il quale, asciugatesi le lacrime, raccoglie l'eredità del maestro e si rimbocca le maniche.

   L'eterno ritorno dell'identico è per Empedocle la legge che governa l'universo: la ripetizione eterna, dovuta a una colpa primordiale ormai caduta nell'oblio, trascina gli esseri viventi nel vortice del divenire, sottraendoli alla perfezione dello Sfero. Le continue aggregazioni e disgregazioni dei corpi causate dal vortice avrebbero l'effetto di cancellare dalla memoria il ricordo di aver già percorso gli stessi sentieri innumerevoli volte, quasi come se un velo calasse sulle menti degli esseri viventi. Solo gli dei, creature immortali, incorporee, immuni alla disgregazione e perciò salve dall'oblio (ma condannati ad assistere alla ripetizione eterna) tengono saldamente il fronte contro Odio. Nei frammenti delle Purificazioni Empedocle racconta infatti di un patto stretto tra gli dei secondo il quale chi avesse osato tributare onore a Odio macchiandosi di sangue, ovvero sacrificando o mangiando un essere vivente (animale o vegetale), sarebbe stato gettato nel divenire, nel ciclo delle reincarnazioni all'interno del quale, mutando costantemente forma, avrebbe subito in prima persona gli effetti del vortice maligno fino al raggiungimento della purificazione. Attraverso una rielaborazione della dottrina pitagorica della metempsicosi la dieta diviene in Empedocle la chiave di volta dell'etica; tuttavia la pratica della non violenza e la dieta 'fruttariana' non rappresentano solo delle prescrizioni volte a migliorare le condizioni di vita di ogni creatura ma anche un percorso di 'ritorno' per quegli esseri divini che furono esiliati ma che hanno infine ricordato la loro origine.
   Negli ultimi anni di vita Empedocle, aristocratico siciliano riconsociutosi come un dio caduto, celebra un esasperato culto di sé stesso, arringa i fedeli, aiuta ed educa il suo popolo: tenta con ogni mezzo di purificarsi per poter ritornare alla sua dimora celeste. Con un ultimo gesto avvolto nel mistero Empedocle si getta nell'Etna, compiendo un suicidio rituale.

   Dell'opera di Empedocle possediamo pochi frammenti e scarse testimonianze, tuttavia la profondità della scrittura e del pensiero empedoclei sono paragonabili a quelli di una grotta, un'enorme cassa di risonanza che amplifica e replica ogni suono, ogni minimo scricchiolio: la sensibilità con la quale seppe ritrarre la brutalità della condizione animale e gli orrori della vita naturale è paragonabile solo all'opera di Schelling o Schopenhauer; ciò che è certo è che i concetti pitagorici di colpa, punizione ed espiazione si gonfiano in Empedocle come cadaveri, fino ad assumere contorni pessimistici e atmosfere claustrofobiche. La metafora della grotta ha inoltre il merito di illustrare intuitivamente la sensazione che si prova, leggendo gli scritti di Empedocle, di entrare in un mondo infero, in un oltretomba solenne e misterioso, dominato da un'aura di sacralità.







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